La ricezione di Verdi e delle sue opere in Russia, e successivamente in Unione Sovietica, non è mai stata univoca: ci sono sempre stati appassionati ammiratori, “italomani”, e critici implacabili, infastiditi dalla volgarità dell’“italianismo” (ital’janščina) e dal “verdismo”.
Tra coloro che si sono espressi negativamente, possiamo citare Turgenev, e la sua amata Pauline Viardot, cantante lirica che non apprezzava Verdi e mai lo aveva cantato.
Nel dicembre 1846 Turgenev racconta a Pauline dei concerti cui sta assistendo a Pietroburgo:
Madame, je m’imagine que vous désirez avoir des nouvelles du théâtre et de Pétersbourg [...] «Ernani» marche avec plus d’ensemble. On voit que les chanteurs (Mme de Giuli, Guasco et Collini) sont plus à l’aise avec Verdi qu’avec Rossini. L'opéra en lui-même ne m’a plu que fort médiocrement. Le trio final du 2-ème acte fait cependant beaucoup d’effet, malgré la vulgarité de la mélodie. On l’a fait répéter. On ne peut nier que Verdi ne parvienne quelquefois à vous inspirer un sentiment de grandeur. Cependant je suis loin d’être verdiste et ne crois pas le devenir jamais1.
Nel 1847 nel mese di luglio lo scrittore assiste alla prima dei I masnadieri a Londra e nel mese di novembre alla prima di Gerusalemme a Parigi, rifacimento dei Lombardi realizzato per motivi esclusivamente economici e destinato, come sappiamo, a un grande insuccesso. In due lettere, la prima inviata da Londra il 22 luglio 1847 ai coniugi Viardot; la seconda, inviata da Parigi il 27 novembre 1847 a Pauline, Turgenev manifesta un parere assolutamente negativo sui Masnadieri, su Gerusalemme e sulla musica di Verdi in generale:
Je rentre du théâtre, mes chers amis, et n'ai rien de plus pressé que de prendre la plume pour vous écrire. Or donc, ouvrez les oreilles et écoutez... Je commencerai par vous dire que Ms les Masnadieri ont fait un fiasco tout à fait gentil, ce qui ne m'a pas chagriné le moins du monde. La salle était extrêmement pleine; la reine y assistait avec son féal époux que j'avais l'honneur de voir pour la première fois et qui m'a fait l'effet d'un chasseur d'ambassadrice. A l'apparition de Verdi à l'orchestre, on a applaudi. Verdi a salué. Pour saluer il s'est retourné, et en se retournant il m'a montré sa figure, que j'ai trouvée expressive et commune en même temps. Tirez-vous de là comme vous pourrez, mais c'est l'impression qu'il a produite sur votre serviteur. [...] Pour la musique, imaginez-vous tout ce qu'il y a de plus commun, de plus rebattu dans Verdi; du bruit, du tapage (avec les choeurs que vous savez), une cabaletta dans le genre (mais moins bien) c'e la dernière des «Lombardi», la seule chose qu'on ait fait répéter, des duos unisono, des allegro accélérés, des choeurs chantés, des fragments de walse, du Verdi enfin, mais du plus mauvais. Les Verdistes (c'est-à-dire les Italiens) qu'il y avait dans la salle faisaient fureur, mais tous leurs efforts venaient se briser contre l'attitude glaciale et ennuyée du public, qui cependant était venu avec les meilleures dispositions du monde. Mlle Lind était enrouée; elle a mal chanté; et puis cette musique-là n'est pas faite pour elle; c'est des de Giuli qu'il faut pour la hurler. On n'a véritablement applaudi que deux ou trois traits sottovoce, qu'elle y a introduits pour se reposer un peu la voix. Verdi a été appelé deux fois, une fois après le 2-d, une fois après le 4-me acte, et encore con muy mala gana. Mais c'est qu'en vérité «I Masnadieri» sont détestables et qu'excepté le trio final, où il y a un peu d'entrain et de brio, il ne s'y trouve même pas de ces effets vulgaires, qui, s'ils ne frappent pas juste, frappent fort. Enfin, mauvais, mauvais, archimauvais! Voilà le résultat de mes observations (PSP, vol. I, pp. 222-223).
Passons à ma petite revue de Paris. Hier on a donné pour la première fois les «Lombardi» de Mr Verdi sous le nom de «Jérusalem» — au Grand-Opéra. Le libretto a été remanié; on y a ajouté une scène de dégradation de chevalier pour Duprez. Mr Verdi de son côté a composé quelques nouveaux morceaux parfaitement détestables. Je ne vous parlerai pas de la musique: vous la connaissez; c'est le comble du mauvais [...] Décidément il paraît que le temps des génies forts et bien portants est passé: la force brutale et vulgaire se donne à des médiocrités remuantes et productives comme Verdi — et ceux au contraire qui ont reçu le feu divin se perdent dans l'oisiveté, la faiblesse ou la rêverie (PSP, vol. I, p. 232).
Parimenti negativo è il parere del principe Vladimir Odoevskij, uno dei padri della musicologia russa. Entusiasta del primo concerto di Wagner cui ha assistito il 14 marzo 1863 a Mosca, il principe Odoevskij scrive:
Come esprimere in una recensione la profonda impressione prodotta da questo concerto! Questo concerto è per noi epocale! [...] Abbiamo visto di recente l’affiche di un curioso concerto: in bella evidenza c’erano una certa «Luisa Miller» del signor Verdi, un certo valzer «Il bacio» di un tale L. Arditi, un certo «Chutorok [Chutorok è una romanza: parole di A. Kol’cov, musica di E.I. Klimovskij, cantante d’opera] [...] la pièce più importante era il trio dai Lombardi, sempre dello stesso inevitabile Verdi. In breve, questo concerto era degno di nota per il fatto che c’era in esso tanta arte quanta ce n’è in una tabacchiera-carillon musicale. Evidentemente ci sono ancora ambienti dove non è entrata la semplice idea che tutti questi Bacio, Chutorok, Ernani e Lombardi stanno alla musica come le immagini delle riviste di moda e i cartelli pubblicitari stanno alla pittura. Immaginate una mostra di quadri che rappresentano cuffiette e crinoline: nel campo della musica le farà da pendant una serie di musichette da danza di Verdi, che chiamano opere, come se lo fossero.2
Al di là di queste critiche, gli ambienti scherniti da Odoevskij rappresentano la quasi totalità della società russa, per lo più affascinata dall’opera e dai cantanti italiani. Come scrive Aleksandr Puškin (Evgenij Onegin) l’opera italiana incanta l’intera Europa:
La sera azzurra si fa buia,
presto per l’Opera è già ora:
c’è l’incantevole Rossini,
Orfeo adorato in tutta Europa3
A partire dalla metà del XIX secolo la cultura e la letteratura russa s’impossessano di trame, immagini e personaggi delle opere italiane: compositori e cantanti diventano oggetto di accese discussioni nei salotti.
L’opera di Verdi rappresentata per la prima volta sul palcoscenico russo nella stagione 1845-1846 è I Lombardi alla prima crociata, messa in scena dalla compagnia italiana al Teatro Bol’šoj di San Pietroburgo.
Turgenev cerca di compiacere Pauline parlando dello scarso successo di Verdi (e assicurandole che lui non è un sostenitore dell’opera del compositore italiano). Ma Fedor Dostoevskij, appassionato ammiratore del repertorio operistico, in una lettera al fratello Michail degli stessi giorni (17 dicembre 1846):
Scrivo questa lettera a pezzi spizzichi e bocconi, perché scrivo giorno e notte, tranne che dalle sette di sera, per svago, vado al Teatro dell'Opera Italiana ad ascoltare i nostri incomparabili cantanti.4
I “nostri cantanti” sono tutti italiani: nella stagione 1846-1847 un particolare successo presso il pubblico pietroburghese è riscosso, oltre che da interpreti già noti come Tamburini e Salvi, dalla “nuova primadonna drammatica”, il “soprano alto, fresco e spigliato” Teresa De Giuli-Borsi, il tenore Guasco5, il baritono Colini6 e il “basso buffo” Rossi. Il repertorio della compagnia italiana comprendeva opere di Verdi, Donizetti, Bellini, Rossini e Auber.
Ai Lombardi segue il Nabucco nella stagione 1851-1852. La stagione 1852-1853 vede la prima del Rigoletto nei teatri russi. Il 14 novembre 1856 viene messa in scena Traviata al Teatro Bol’šoj di Mosca. Nella stagione 1856-1857 un terzo di tutte le opere allestite nei teatri della capitale appartiene al catalogo verdiano.
Fino al 1859 tutte le opere di Verdi sono rappresentate solo da compagnie italiane. A partire dal Trovatore nel 1859 incomincia a svilupparsi una tradizione di produzioni russe di opere verdiane: al Trovatore seguono La Traviata (1868), Aida (1877), Rigoletto (1878), Otello (1888) e Falstaff (1894). Nella stagione 1916-1917 viene messo in scena anche Don Carlos.
Le opere maggiormente presenti sul palcoscenico russo sono Trovatore, Traviata e il Rigoletto, a cui si aggiungono in seguito Aida e Un ballo in maschera.
Segno del grande successo dell’opera italiana nelle capitali russe è l’adorazione per la primadonna Angiolina Bosio, morta prematuramente di polmonite a San Pietroburgo il 31 marzo (12 aprile) 1859. A lei pochi anni dopo Nikolaj Nekrasov dedica questi versi commoventi:
Invano lo zibellino ha avvolto
La tua gola di usignolo.
Figlia d’Italia! Col gelo russo è difficile
Per le rose del sud trovare accordo.7.
Nikolaj Černyševskij ne parla ammirato nel suo romanzo Čto delat’ (Che fare 1862-1863): incentrato su Angiolina Bosio è un sogno della protagonista Vera Pavlovna, il terzo dei suoi quattro sogni, attraverso i quali l’autore trasmette le sue idee sull’utopia sociale, parla dei rapporti uomo-donna, del modello della famiglia e della non-libertà delle donne. Vera Pavlovna andrebbe ogni sera a vedere qualsiasi opera, anche la peggiore, se la Bosio ne fosse protagonista: «per colpa di questo Kirsanov mi sono persa La Traviata! È terribile! [...] Come se non sapesse che quando canta la Bosio non si riesce a trovare un biglietto».8
Pëtr Kropotkin ne scrive nelle sue memorie:
Quando la primadonna Bosio si ammalò, migliaia di persone, soprattutto giovani, rimasero fuori dall'albergo fino a tarda notte per informarsi sulla sua salute. Non era bella, ma sembrava così bella quando cantava che i giovani follemente innamorati di lei si contavano a centinaia. Quando Bosio si spense, le fecero un funerale che San Pietroburgo non aveva mai visto prima.9
Profondamente colpito dal parallelismo tra la tragica morte di Angiolina Bosio e quella di Violetta nella Traviata, Turgenev scrive una settimana dopo (7/19 aprile) a Gončarov:
Oggi ho saputo della morte della Bosio e mi è dispiaciuto molto per lei. L’ho vista il giorno della sua ultima rappresentazione: stava recitando La Traviata; non pensava allora, interpretando la parte della morente, che presto avrebbe dovuto interpretare quella parte non per scherzo nella propria vita (PSP, vol. 4, p. 37).
Pochi giorni dopo, verso la metà di giugno, Turgenev inizia uno dei suoi più famosi romanzi, Alla vigilia, dove ritroviamo l’idea della “morte non per scherzo”:
A teatro andava in scena un’opera di Verdi, abbastanza banale, a essere sinceri, ma che già aveva girato tutti i palcoscenici europei, un’opera ben nota a noi russi, La traviata [...] Elena e Insarov avevano preso posto, da soli, in un buio palco di proscenio; lo stato d’animo giocoso che li aveva travolti all’uscita dell’Accademia non era ancora passato. Quando il padre dell’infelice giovane caduto nelle reti della seduttrice si è presentato un scena con una marsina verde pisello e un’arruffata parrucca bianca, ha dischiuso la bocca di traverso e, turbato già lui in partenza, se n’è uscito con un tremolo di basso, entrambi sono stati sul punto di scoppiare... Ma l’interpretazione di Violetta li ha coinvolti.
«A questa povera ragazza non applaude quasi nessuno» ha detto Elena, «ma io la preferisco a una qualsiasi tronfia celebrità di second’ordine, che tra smorfie e forzature non fa altro che cercare effetti. Lei invece è turbata di suo, per davvero. Guarda, è come se non vedesse il pubblico».
Insarov si è sporto verso la scena, guardando fisso Violetta.
«Sì» ha commentato, «non sta simulando, odora di morte». Elena è ammutolita.10
L’identificazione di Angiolina Bosio con Violetta è totale, e testimonia in modo eloquente il peso esercitato da Verdi sulla cultura e la letteratura russa, come sottolinea Julia Buckler:
In Russia la protagonista dell’opera, Violetta, divenne una primadonna, l’incarnazione dell’espressione spirituale. Così, nelle opere letterarie russe, la cortigiana della Traviata, Violetta, così come la sua controparte letteraria, la “camelia” Marguerite Gautier di Alexandre Dumas, sono reinterpretate come un modello di redenzione delle donne disonorate del romanzo realista russo.11
A questa tradizione si lega ancora Osip Mandel’štam: progetta di scrivere un racconto, La morte della Bosio, ma non lo realizza mai. Tuttavia, riferimenti alla diva compaiono nel Francobollo egiziano:
Qualche minuto prima che iniziasse l’agonia un convoglio dei pompieri attraversò con gran frastuono il Nevskij. Tutti si slanciarono verso i riquadri delle finestre appannate e per un attimo Angiolina Bosio, nativa del Piemonte, figlia di un povero attore girovago, un basso comico, fu lasciata a se stessa. […].
Addio Traviata, Rosina, Zerlina…12
e ne La quarta prosa (1930), dove il narratore dichiara che Bosio canterà al suo processo:
Il procedimento penale non è ancora finito e non finirà mai, ve lo dico io. Quello che è successo finora è solo l’ouverture. Al mio processo si esibirà la cantante Bosio in persona.13
Con l’avvento del regime sovietico e la ridefinizione del patrimonio culturale l’atteggiamento nei confronti dell’opera di Giuseppe Verdi diventa ancora più complesso di quanto fosse nell’Ottocento: da un lato il suo nome compare ancora su quasi tutti i cartelloni d’opera delle capitali e delle città di provincia, dall’altro nascono grandi controversie sulla valutazione del significato e della “legittimità” delle sue opere. Per quanto fosse un patriota, un eroe nazionale, il cantore del Risorgimento italiano, la sua produzione è vista da molti come un’arte prettamente borghese, estranea alle esigenze della classe proletaria e dei contadini vincitori della lotta rivoluzionaria.
Nel 1918 Vladimir Majakovskij scrive nella sua Lettera aperta agli operai:
Osservo con stupore come dai palcoscenici dei teatri risuonino l’Aida e la Traviata con spagnoli e conti di ogni tipo, come nelle poesie che vi piacciono si trovino le rose delle serre signorili, come i vostri occhi corrano da un quadro all’altro di fronte a quadri che ritraggono lo splendore del passato. Forse che quando gli spiriti sconvolti dalla rivoluzione si placheranno voi uscirete nei giorni di festa con la catenella dell’orologio sul gilet per giocare a croquet davanti ai vostri consigli municipali?14
Ma a partire dalla metà degli anni Trenta e per tutti i decenni successivi l’intera opera verdiana sarà vista come coerente e corretta incarnazione di tematiche sociali, una sorta di difesa degli oppressi e soprattutto delle donne, non più duramente disprezzate o brutalmente concupite.
A tal fine, basti pensare alla Traviata di Nemirovič-Dančenko e al racconto di Paustovskij La Musica di Verdi e al suo successivo adattamento cinematografico.
Nel 1934-35 Vladimir Nemirovič-Dančenko mette in scena nel suo Teatro musicale la Traviata. Un’importante novità riguarda il libretto, modificato dalla poetessa Vera Inber su richiesta di Nemirovič-Dančenko: Violetta non è più una cortigiana parigina, ma un’onesta attrice veneziana. Nella Venezia ottocentesca l’amore di un’attrice per uno studente di buona famiglia suscita un terribile scandalo, ben comprensibile per il pubblico russo, giacché in Russia le attrici non avevano la stessa posizione sociale delle primedonne europee.
Abbandonata dal suo Alfredo, condannata dalla società, fischiata dal pubblico, Violetta si suicida.
Se il destino di una cortigiana “traviata” – notiamo per inciso che nella traduzione del 1869 il titolo dell’opera è tradotto con “nevenčannaja” (non sposata) anziché con “zabludšaja” (traviata) per mitigarne il tono – poteva essere visto come una questione personale, il conflitto presentato da Nemirovič-Dančenko e Vera Inber andava invece letto come un conflitto sociale: «la società borghese rigetta i suoi servi quando violano le regole della virtù borghese e non accettano la sua morale ipocrita».15 Tra le peculiarità della messa in scena si può notare la disposizione del coro nei palchi del teatro; il coro esprime l’atteggiamento del pubblico veneziano e della società “bene” nei confronti dell’attrice: curioso e benevolo nel primo atto, arrabbiato e di condanna nel terzo.
Questa rilettura della Traviata è molto apprezzata dalla critica sovietica, ma non dal pubblico, che invece accoglie questa messa in scena abbastanza freddamente. Nonostante i cambiamenti storici e politici, è evidente che si aspettava il suo Verdi “classico”. Nella recensione pubblicata sulla Pravda il 10 gennaio 1935 leggiamo:
Partendo da un melodramma borghese con un padre aristocratico, un figliol prodigo e una creatura innocente ma “traviata” e dal materiale della Signora delle camelie il teatro di Nemirovič-Dančenko ha creato il dramma di un’attrice che ha molto in comune con la concezione drammaturgica dei Talenti e ammiratori di Ostrovskij.16
Questo inserimento della figura di Violetta nella tradizione russa è sottolineato anche dalla musicologa Marina Raku, che propone una serie di paralleli letterari:
Violetta entra così nella schiera delle eroine letterarie, e soprattutto delle eroine dei classici russi: La gazza ladra di Herzen, L’artista del toupet di Leskov, Il gabbiano di Čechov, le opere teatrali di Ostrovskij Talenti e ammiratori, Colpevole senza colpa, La foresta. Un contesto molto vicino alla Traviata è costituito dalla pièce Senza dote di Ostrovskij, importantissima per Nemirovič-Dančenko, con il famoso monologo di Larisa Ogudalova: «Sono un misero oggetto! [...] Finalmente il termine per me è stato trovato».17
Nello stesso anno, Konstantin Paustovskij scrive il racconto La musica di Verdi,18 storia di una cantante che si esibisce insieme a una troupe a bordo di un incrociatore nel Mar Nero.
Anche qui l’attenzione si sposta dalla figura di Violetta Valéry a quella di una donna senza peccato, la cantante che la interpreta. La rappresentazione della Traviata è già iniziata quando la cantante riceve un telegramma che riguarda le gravi condizioni di salute del fratello minore: si tratta di un ragazzo, ancora quasi un bambino, che lei ha lasciato in ospedale a Mosca in attesa di una difficile operazione. Il telegramma arriva però in ritardo e la informa del fatto che l’operazione si svolgerà proprio la mattina del giorno seguente. Lo spettacolo viene interrotto. I marinai aiutano la cantante a organizzare urgentemente il suo ritorno a Mosca. L’operazione del fratello si risolve con successo e la cantante torna direttamente dall’ospedale alla nave per cantare finalmente la Traviata.
Sebbene il nome di Verdi sia presente nel titolo, la rappresentazione della Traviata costituisce solo lo sfondo narrativo, e l’intento principale della storia è quello mostrare nuove tipologie di relazioni umane: da un lato il “nuovo tipo di cameratismo”, la “sincera attenzione dei compagni” per la cantante, e dall’altro la superiorità dell’affetto materno e dell’amore platonico su quello passionale. Materno è quello della cantante nei confronti del fratello minore, platonico quello del comandante della nave nei confronti della cantante e persino di Violetta nei confronti di Alfredo.
Il sentimento di Violetta per Alfredo è talmente platonico da coincidere con quello della cantante per il fratello: per evidenziarlo Paustovskij descrive un commosso bacio sulla tempia, solcata da una sottile vena blu:
Mentre Alfredo si inginocchiava ai suoi piedi, lei si chinò e gli baciò la tempia giovanile.
Una sottile vena azzurra percorreva la tempia, proprio come quella del fratello [il fratellino malato della cantante]
e più tardi, quando la cantante vede il fratello dopo l’operazione che si è risolta con successo:
Solnсeva baciò dolcemente il fratello sull’umida tempia giovanile. Una sottile vena blu vi si intravedeva appena.
Alla fine della storia, il comandante si congratula con la cantante, grata a sua volta dell’affettuosa, “sincera attenzione” dei marinai:
«Vorrei ringraziarla a nome di tutta la flotta» disse. «Ci ha regalato una grande gioia. Come sta suo fratello, si sta riprendendo? » La cantante Solnсeva voleva rispondere che non era stata lei, a regalare gioia, ma quei giovani marinai abbronzati, a volte sorridenti, a volte seri, ma sempre calmi e cordiali: erano loro che le avevano fatto provare una felicità vera. Pensò che un pubblico come quello avrebbe fatto invidia a Mozart e Beethoven, ma non disse nulla, si limitò a stringere con forza la mano del comandante, fino a fargli male.
La storia subisce una trasformazione ancora più radicale nell’adattamento televisivo del racconto di Paustovskij, girato nel 1961 dal regista Vladimir Gorikker, un “epigono sovietico” di Carmine Gallone, noto per i suoi film-opera e film a soggetto musicale. Per la sceneggiatura sono state messe assieme due storie, La musica di Verdi e il racconto Coraggio.
Seguendo la trama del film (piuttosto inverosimile), il fratello minore della cantante durante lo spettacolo si arrampica su una gru del porto, ma scivola, precipita e rimane vivo per miracolo. Viene operato d’urgenza alla capitaneria di porto. Per ordine del comandante, l’intero porto si ferma per garantire il silenzio assoluto necessario al buon esito dell’operazione. La cantante rimane in porto e mentre il ragazzo si riprende e torna a vivere, il capitano, che all’inizio del film aveva dichiarato il suo disinteresse per il teatro, si innamora della cantante.
Vladimir Gorikker ha basato l’accompagnamento musicale su un mosaico di frammenti delle opere verdiane. Il film inizia con un’ouverture da La forza del destino, scritta da Verdi per il palcoscenico russo, che fa presagire gli eventi drammatici che attendono i protagonisti. Nel film i frammenti dell’opera sono cantati in russo, il che riduce notevolmente la distanza tra il pubblico (l’equipaggio dell'incrociatore), la cantante e Violetta. Il testo e l’esecuzione in russo rendono quasi irriconoscibile l’aria di Leonora dall’opera Trovatore, la famosa aria “Tacea la notte placida”. Nella versione cinematografica di Gorikker, la cantante inizia a cantarla senza accompagnamento, a cappella, l’orchestra non è presente nell’inquadratura, anche se dopo qualche istante si unisce all’esecuzione dell’aria. Quell’incipit cantato senza l’orchestra con le parole liberamente tradotte in russo rendono l’aria quasi irriconoscibile per la sua somiglianza con le canzoni russe:
I soggetti operistici vengono così definitivamente ‘russificati’ e inseriti nello spazio culturale sovietico attraverso l’utilizzo di chiavi di lettura che tendono a fare di Verdi un antesignano dell’“umanesimo socialista”, un leale e affettuoso compagno del popolo russo. Anche se la sua caratteristica fondamentale è ormai quella di “cantore della Rivoluzione italiana” e “figura di spicco del Risorgimento”, nella lettura di Nemirovič-Dančenko e di Paustovskij l’aspirazione di Verdi non è solo la liberazione nazionale di un popolo, ma anche quella individuale di uomini e donne finalmente sottratti all’oppressione sociale di un mondo profondamente ingiusto.
1 Ivan Turgenev, Polnoe sobranie sočinenij i pisem v tridcati tomach. Pis'ma v vosemnadcati tomach. Izdanie vtoroe, ispravlennoe i dopolnennoe. Tom pervyj 1831-1849. Izdate'stvo «Nauka», Moskva 1982, vol. I, pp. 216-217, 3/15 dicembre 1846. Nelle successive citazioni il riferimento a questa edizione verrà indicato nel testo con la sigla PSP.
2 Vladimir Odoevskij, Muzykal’no-literaturnoe nasledie, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Moskva, 1956, p. 257. (La traduzione è mia A. Zh).
3 Aleksandr S. Puškin, Evgenij Onegin. A cura e trad. di Giuseppe Ghini, Mondadori, Milano, 2021, p. 355.
4 Fedor Dostoevkij, Polnoe sobranie sočinenij v 30 tt., vol. 28/1: Pis’ma 1832-1859, p. 135.
5 Su di lui si v.: Giorgio Appolonia, Carlo Guasco. Un tenore per Verdi, Torino, EDA, 2001.
6 Filippo Colini, oggi è particolarmente noto per aver creato alcuni ruoli in opere di Giuseppe Verdi, precisamente quelli di Giacomo in Giovanna d’Arco (1845), di Rolando in La battaglia di Legnano (1849) e di Stankar in Stiffelio (1850).
7 O pogode (uličnye vpečatlenija). Čast’ vtoraja: Kreščenskie morozy, 1863-1865, http://nekrasov-lit.ru/nekrasov/stihi/284.htm
8 Nikolaj Černyševskij, Čto delat’, Moskva 1969: Capitolo Terzo, XIX, pp. 220-226. La Bosio è citata 15 volte nelle prime tre pagine: 220-222.
9 Pëtr Kropotkin, Zapiski revolucionera, Moskva 1988, p.145.
10 Ivan Turgenev, Alla vigilia, Carbonio editore, Milano 2023, p. 187.
11 Julie A. Buckler, The Literary Lorgnette. Attending opera in imperial Russia, Stanford University Press, 2000, pp. 144-145. (La traduzione è mia A. ZH).
12 Osip Mandel’štam, Il rumore del tempo e altri scritti, a cura di Daniela Rizzi, Adelphi, Milano 2012, pp. 131-132.
13 Ivi, p. 153.
14 Vladimir Majakovskij, Otkrytoe pis’mo rabočim, in Polnoe sobranie sočinenij v 13 tomach, tom 12, Gosudarstvennoe izdatel’stvo chudožestvennoj literatury, Moskva 1959, p. 8.
15 Vera Inber, Traviata, Upravlenija teatrami NKP RSFSR, Moskva, 1935, p. 5.
16 Viktor Gorodinskij, Traviata, in: «Pravda», n.10, 10 gennaio 1935.
17 Marina Raku, Muzykal’naja klassika v mifotvorčestve sovetskoj epochi, NLO, Moskva, 2014, p. 145.
18 Konstantin Paustovskij, Muzyka Verdi, http://paustovskiy-lit.ru/paustovskiy/text/rasskaz/muzyka-verdi.htm
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Julie A. Buckler, The Literary Lorgnette. Attending Opera in Imperial Russia, Stanford University Press, 2000.
Marina Raku, Muzykal’naja klassika v mifotvorčestve sovetskoj epochi, NLO, Moskva, 2014.
Larisa Kirillina, “Una storia di amore e gelosia: Giuseppe Verdi e la Russia”, in Italia-Russia: quattro secoli di musica, Ambasciata d’Italia a Mosca. Ed. Larisa Kirillina. Moskva, ABCdesign, 2017, pp. 233-264.